Una storia sulla capacità di dire di no
Sapete che ormai da qualchemese tengo un training su Whatsapp giornaliero, totalmente gratuito e totalmente riservato. Le persone che si uniscono e che vogliono seguire questo percorso ricevono ogni giorno un consiglio, un suggerimento, direttamente nei propri messaggi in arrivo: non c’è un gruppo e non c’è nessun tipo di canale pubblico.
È un modo per condividere prima di tutto, e per creare delle relazioni che partendo da stimoli vadano ad esplorare alcuni aspetti profondi, per fermarsi un attimo e riflettere.
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L’altro giorno parlavo con una persona e dopo un certo scambio di messaggi ho fatto la proposta: “Ascolta, potrebbe esserti utile magari ricevere questi consigli, anche per te”. In un primo momento è stata accettata con grande entusiasmo; successivamente, dopo i primi Whatsapp, ho notato che avevo dei problemi a consegnare i messaggi che stavo inviando. Ho deciso di contattare questa persona per scoprire che… ero stato bloccato ed era per questo che non riuscivo più a raggiungerla e contattarla.
Ok, questa cosa mi ha fatto sorridere inizialmente; poi, però, mi ha portato a una riflessione un po più profonda ed è questo il messaggio che voglio canalizzare oggi. Quanto è difficile dire di no?! Quanto è complicato “affermarsi” con assertività rispetto alle richieste delle altre persone e, quindi, quanto è complesso rimanere in contatto con se stessi senza andarsene altrove con la testa? Senza insomma interrompere il contatto per pensare alle conseguenze: “Cosa può pensare l’altro di me?” “Come può andare a finire questa relazione?”.
L’importanza di dire no
Di cosa non ci rendiamo conto? Che è un grande spreco di tempo e di energie, sia per se stessi sia per le altre persone.
- Per se stessi è chiaro perché: se aderisci a qualcosa che non ti rappresenta, perdi del tempo, consumi energie, e in seguito ne consumi ancora altre perché sei portato a lamentarti delle risorse che hai perso per fare qualcosa che non ti piace. Inizi dunque a coinvolgere l’amico: “Ma guarda questo che rottura, mi manda un messaggio ogni giorno”; se ti chiama il cognato del cugino trasferitosi in Birmania durante l’ora di pranzo, non riesci a dire “Guarda, possiamo sentirci tra un quarto d’ora?”, ma rimani lì ad ascoltare, e intanto sbuffi perché tuo figlio striscia per casa in stile L’esorcista e la pentola sul fuoco con il sugo inizia a ribollire e straboccare fuori.
- Ecco, esempi banali ma quante volte capitano nella vita di tutti i giorni? Avere questa consapevolezza allora per risparmiare energia, tempo, e rispettare se stessi e, come ti dicevo, rispettare anche l’altra persona, perché un conto è sentirsi dire “NO” ed accettarlo, farci i conti, ed un altro invece è scoprire in seguito che si è scelto, in un secondo momento, un escamotage come quello che offre spesso la tecnologia. Quando diciamo “Va bene, sì! – Ma tanto non rispondo”, oppure “Poi lo blocco”, o ancora “Poi posso sempre decidere di non contattare e di fare finta di nulla”, si tratta di escamotage che preferiamo rispetto a dire la nostra, dei rifugi per non affermare il nostro sentire e la nostra volontà per paura, timori, preoccupazioni. Ma l’altra persona come si sente quando scopre di essere stato, tra virgolette, “raggirato”, che è stato scelto un escamotage? Quando dice “Ma poteva benissimo dirmelo prima”? Te lo dico io: si sente confusa, disorientata, e comincia anche a pensare che probabilmente ha fatto qualcosa che non va senza accorgersene: qualcosa di indesiderato, un passo falso… e cerca pure lei, utilizzando le proprie energie e il proprio tempo, di andare alla ricerca di una soluzione.
Allora cari amici, cercate di dire NO. Cercate di mettere voi stessi in primo piano, affermare e comunicare condividendo la vostra esigenza e le vostre necessità prima di tutto, per poi aderire a dei programmi o a delle richieste provenienti dagli altri. In quel momento, starete demandando anche una responsabilità poiché se dite NO avrete espresso la vostra parte; se poi gli altri decideranno di non accettarlo, di arrabbiarsi, di indispettirsi, a quel punto non è più un vostro problema ma un problema di chi dovrà farci i conti prima o poi, perché la responsabilità diventa tutta loro… del loro sentire.